HOLDING: QUANDO NON È ADATTA E GLI ERRORI DA EVITARE
30.08.2022
Matteo Rinaldi
Costituire una Holding non è sempre la scelta giusta. Quando nasce per imitazione o senza una regia patrimoniale coerente, diventa un peso: aumenta la burocrazia, irrigidisce la governance e riduce la flessibilità finanziaria. Comprendere quando la Holding serve davvero — e quando invece compromette equilibrio e solidità — è il primo passo per costruire una struttura efficiente, opponibile e sostenibile nel tempo.
QUANDO LA HOLDING DIVENTA UN PESO INVECE CHE UNA REGIA PATRIMONIALE
Costituire una Holding familiare è spesso visto come il passo naturale per consolidare il controllo su più società, ottimizzare la fiscalità e pianificare la successione. In realtà non è una scelta automatica. È una società che detiene partecipazioni e coordina le controllate, agendo come centro di direzione e governo strategico. Se nasce per imitazione o per moda professionale, diventa un apparato costoso e privo di reale utilità patrimoniale.
Molti imprenditori lo scoprono solo dopo anni. La struttura, pur formalmente corretta, non supera la prova della sostanza economica e della governance. È allora che emergono le fragilità più profonde — non nei documenti, ma nella capacità di proteggere il gruppo e resistere alle verifiche fiscali, bancarie o successorie.
L’errore più comune è credere che la Holding semplifichi la gestione o riduca automaticamente il carico fiscale. Senza un progetto patrimoniale coerente accade l’opposto: la complessità cresce, la governance si irrigidisce e i costi aumentano. Una struttura efficace deve riflettere la realtà patrimoniale, operativa e finanziaria del gruppo, non un modello astratto replicato da altri.
Il rischio più frequente è quello della Holding prematura: una scatola creata per “mettere ordine” che finisce per congelare criticità e alterare gli equilibri economici. Se mancano una massa critica di partecipazioni o una regia finanziaria centralizzata, la struttura diventa un contenitore vuoto, oneroso da mantenere e penalizzante agli occhi di banche e agenzie di rating.
Capire quando conviene davvero costituirla è il cuore della consulenza evoluta. Spesso la scelta più saggia non è anticipare la Holding, ma costruire prima i presupposti giuridici, contabili e strategici che ne giustifichino l’esistenza. Solo con un’architettura solida diventa una piattaforma di comando; diversamente, resta una sovrastruttura che consuma risorse e indebolisce la regia patrimoniale.
GLI SVANTAGGI E I RISCHI DI UNA HOLDING FAMILIARE MAL STRUTTURATA
Una Holding non è un semplice contenitore. È un organismo che vive di equilibrio tra sostanza economica, funzione giuridica e sostenibilità nel tempo. Quando uno di questi elementi manca, la struttura smette di governare e diventa un vincolo difficile da gestire o da difendere.
Il primo rischio è la perdita di flessibilità decisionale. Dopo la costituzione, ogni movimento tra società del gruppo — conferimenti, distribuzioni o finanziamenti infragruppo — richiede delibere, verbali e contratti opponibili. Se la governance non è allineata, il sistema si blocca. Un’operazione non tracciata o priva di documentazione adeguata può far ricadere la responsabilità sull’amministratore. In questi casi risponde direttamente davanti a banche, Agenzia delle Entrate o creditori.
Altro punto critico è la duplicazione dei ruoli. L’imprenditore che immaginava semplificazione si trova a gestire una macchina più pesante: contabilità separate, revisioni obbligatorie e flussi da dimostrare secondo criteri di mercato. Si crea così una “doppia impresa”, dove i costi di struttura assorbono i benefici fiscali attesi.
Sul piano giuridico emergono ulteriori fragilità. Finanziamenti o trasferimenti infragruppo senza logiche di mercato rientrano nell’art. 2467 c.c. In caso di insolvenza possono essere postergati o revocati. Una gestione non formalizzata espone amministratori e soci a responsabilità personali.
Anche il profilo fiscale è delicato. L’Agenzia delle Entrate e la Cassazione (sent. n. 29500/2023) richiedono prova concreta della direzione e del coordinamento effettivi. Se mancano uffici, personale o decisioni documentate, i vantaggi come la Participation Exemption o la tassazione ridotta dei dividendi possono essere disconosciuti retroattivamente.
Infine, emerge un rischio spesso ignorato: la perdita di leggibilità del gruppo. Banche, agenzie di rating e investitori valutano solidità e coerenza dei flussi. Una Holding senza piano finanziario o con capitalizzazione insufficiente riduce il merito creditizio e genera diffidenza.
Il punto non è se la Holding presenti svantaggi, ma quando emergano. Nella maggior parte dei casi derivano da progettazione superficiale o da governance inadatta alla complessità introdotta. Valutare in anticipo la sostenibilità giuridica, fiscale e organizzativa è l’unico modo per evitare che una scelta nata per rafforzare il controllo si trasformi in una vulnerabilità strutturale.
VANTAGGI E SVANTAGGI DI UNA HOLDING FAMILIARE: QUANDO VALE LA PENA
Valutare se costituire una Holding familiare conviene davvero significa analizzare con equilibrio vantaggi e rischi reali. Lo strumento in sé non crea valore: la differenza la fa il contesto in cui viene adottato e la visione strategica che lo sostiene.
Tra i vantaggi reali c’è il controllo unificato. La Holding concentra le partecipazioni, coordina le società operative e consente una pianificazione fiscale di gruppo più efficiente. La detenzione accentrata semplifica il passaggio generazionale e ordina i flussi finanziari. Protegge gli asset strategici da rischi operativi o contenziosi. Nei gruppi articolati, una Holding ben progettata migliora leggibilità bancaria, trasparenza e rating complessivo.
Accanto ai benefici emergono limiti concreti: costi amministrativi più elevati, rigidità decisionale, obblighi di compliance e responsabilità estese per gli amministratori. Una struttura senza piano patrimoniale e governance definita diventa un filtro burocratico, non una cabina di regia. Perde efficienza e genera rischi fiscali per abuso del diritto o mancanza di sostanza economica.
La Holding funziona davvero solo se esistono più società operative, patrimoni da proteggere, un piano finanziario unitario e una regia imprenditoriale già matura. In assenza di questi presupposti, si riduce a un costo inutile. Richiede coerenza tra forma giuridica, obiettivi familiari e sostenibilità fiscale.
Solo in queste condizioni la Holding diventa una piattaforma di comando capace di coordinare, proteggere e far crescere il gruppo nel tempo. Non è la scelta di chi vuole “mettere ordine”, ma di chi decide di governare il proprio patrimonio con metodo, trasparenza e continuità.
LE STRUTTURE CHE NON REGGONO: ERRORI DI PROGETTAZIONE NELLA HOLDING
Molte Holding nascono su basi fragili. La scelta può apparire corretta, ma senza un disegno organico la struttura non regge nel tempo. Gli errori più gravi non riguardano la forma giuridica, ma la mancanza di coerenza tra fiscalità, governance e patrimonio.
Primo errore: mancanza di logica integrata. Quando la Holding viene calata dall’alto, senza analisi di partecipazioni, rischi e flussi infragruppo, genera solo un aggravio gestionale. I livelli decisionali aumentano, ma non creano valore. Nascono contabilità doppie, ruoli sovrapposti e processi che si bloccano. Una Holding così diventa un filtro burocratico, non una cabina di regia.
Secondo errore: sottovalutazione delle responsabilità. L’amministratore di Holding non gestisce una scatola neutra. Dirige un soggetto che può esercitare direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c., con responsabilità solidale verso le controllate. Se i rapporti infragruppo non sono disciplinati da contratti, verbali o prezzi di mercato, il rischio è di trasferire passività invece che contenerle.
Terzo errore: standardizzazione. Una Holding efficace deve essere costruita su misura. Capitale, governance e diritti particolari devono riflettere la realtà del gruppo. I modelli preconfezionati — spesso venduti come “pacchetti chiavi in mano” — creano strutture rigide e opache. Rallentano le decisioni, complicano l’accesso al credito e generano diffidenza nei partner.
Molti gruppi arrivano a questo punto dopo anni di stratificazioni: Holding create senza logica di sistema, statuti copiati, finanziamenti privi di contratti. Alla prima verifica bancaria o al controllo fiscale, le incoerenze emergono tutte insieme.
Una Holding resiste solo se è progettata con equilibrio tra controllo e autonomia, tra protezione patrimoniale e funzionalità operativa. In caso contrario, da strumento di governo diventa un freno invisibile capace di bloccare l’impresa proprio quando dovrebbe accelerare.
QUANDO UNA HOLDING FUNZIONA DAVVERO
Una Holding funziona davvero solo se nasce da un progetto strategico solido. Deve allineare struttura societaria, obiettivi patrimoniali e governance. Non è lo strumento in sé a creare valore, ma la coerenza tra forma giuridica e sostanza economica.
È efficace quando esiste una pluralità di società operative, patrimoni da tutelare e flussi da ottimizzare. Serve anche una visione di lungo periodo. In questi casi la Holding diventa un acceleratore di efficienza, protezione e crescita:
- isola asset strategici ad alto rischio operativo;
- coordina utili e pianificazione fiscale di gruppo;
- facilita il passaggio generazionale con strumenti flessibili (patti di famiglia, quote privilegiate, usufrutti societari);
- prepara il gruppo a operazioni straordinarie, fusioni o ingresso di investitori.
La Holding è solida solo se gestita con logica di sistema, non come risposta a un problema contingente. Serve una governance capace di dirigere e documentare, con una regia che integri aspetti fiscali, legali e patrimoniali. Fondamentale un advisor che conosca vantaggi e limiti dello strumento.
In questa prospettiva, la struttura diventa un organismo vivo: coordina, protegge e valorizza. Non un rifugio fiscale, ma una piattaforma di comando dove controllo, pianificazione e responsabilità trovano equilibrio. La differenza non è nello strumento, ma nella regia. Capire se la tua Holding è un acceleratore o un freno è il punto di partenza di ogni consulenza patrimoniale evoluta.
I COSTI NASCOSTI DI UNA HOLDING
Tra gli errori più comuni nella creazione di una Holding c’è la sottovalutazione dei costi reali. Spesso vengono equiparati a quelli di una normale società di capitali, ma la differenza è profonda. La Holding genera oneri propri, iniziali e ricorrenti, che vanno misurati rispetto ai benefici attesi.
Oltre alle spese notarili, fiscali e di consulenza, il vero peso emerge nella gestione quotidiana. Contabilità separata, dichiarazioni fiscali autonome, governance documentata e, in molti casi, revisione o collegio sindacale. Tutto ciò comporta costi amministrativi e di compliance che molte realtà non prevedono.
Esiste poi un costo meno visibile ma decisivo: il costo-opportunità. Una Holding non necessaria o non ottimizzata assorbe risorse — tempo, capitale e attenzione — che potrebbero essere impiegate per la crescita delle società operative. Nelle imprese poco strutturate, la sproporzione tra benefici e oneri può trasformare la Holding in un freno, non in un vantaggio.
Infine, i costi indiretti: rapporti bancari più complessi, due diligence rallentate e percezione di opacità da parte di partner e investitori. La sostenibilità di una Holding non si misura solo nei numeri. Conta la capacità di generare valore netto nel tempo. Verificare periodicamente se la struttura è proporzionata alla dimensione reale del gruppo è l’unico modo per evitare che diventi un apparato costoso e inutile.
GOVERNANCE, CONTROLLO E RESPONSABILITÀ NELLA HOLDING
Una Holding ben strutturata non si misura solo per la forma giuridica, ma per la qualità della governance. Il controllo non è un atto formale, ma un equilibrio tra direzione strategica e responsabilità operative. Quando mancano regole chiare e flussi documentali, la struttura si irrigidisce e gli amministratori diventano esposti, anche per decisioni prese nelle controllate.
Nel modello corretto, la Holding agisce come centro di indirizzo e coordinamento. Armonizza le scelte operative del gruppo e protegge il patrimonio complessivo. Ciò richiede un assetto preciso di poteri e deleghe: chi decide cosa, con quali limiti e modalità. In assenza di un quadro chiaro, si moltiplicano i livelli decisionali senza creare valore. Oppure si concentra il potere in modo eccessivo, compromettendo trasparenza e accountability.
Sul piano giuridico, la direzione e il coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c. impongono attenzione. Gli amministratori della Holding possono rispondere per atti o omissioni delle controllate, se manca tracciabilità delle decisioni e una logica economica documentata. Serve quindi una governance attiva, fatta di verbali, contratti infragruppo e regole di reporting opponibili a terzi.
Una Holding efficace è quella che previene conflitti, mantiene equilibrio tra soci e favorisce la coesione del gruppo. La governance non è burocrazia, ma protezione della direzione imprenditoriale. Senza una regia documentata, anche la migliore struttura diventa vulnerabile.
PERCHÉ MOLTE HOLDING FALLISCONO DOPO LA COSTITUZIONE
Il vero rischio non è creare una Holding, ma usarla nel modo sbagliato. Molti imprenditori, attratti dai vantaggi fiscali o dalla promessa di protezione patrimoniale, la utilizzano come schermo o veicolo di compensazioni infragruppo prive di logica economica. Quando la sostanza non corrisponde alla forma, la Holding perde la propria funzione e diventa un punto debole invece che una forza.
L’errore più grave è trattarla come un paravento. Spostare utili, sostenere perdite o simulare finanziamenti interni espone il gruppo a contestazioni per abuso del diritto e operazioni simulate. Nei casi più gravi, la giurisprudenza ammette l’estensione del fallimento alla Holding per commistione patrimoniale o direzione unitaria di fatto (art. 256 CCII).
Molte strutture crollano poco dopo la costituzione perché mancano governance, tracciabilità e capitalizzazione reale. Delibere incomplete, contabilità incoerente o assenza di contratti infragruppo rendono la Holding indifendibile davanti a banche, fisco o curatori. Quello che doveva essere uno strumento di regia si trasforma in un detonatore di responsabilità personali per gli amministratori (artt. 2497 e 2467 c.c.).
Una Holding è solida solo se possiede sostanza economica effettiva: uffici, decisioni autonome, mezzi propri e rapporti formalizzati. Senza questi elementi resta una “scatola vuota”, facilmente aggredibile e priva di opponibilità.
Costituire una Holding significa governare, non nascondere. Chi la usa per scopi elusivi o improvvisati non solo perde i benefici fiscali, ma rischia di trascinare l’intero gruppo nella crisi. La differenza tra una Holding che protegge e una che fallisce sta tutta nella trasparenza con cui viene gestita.
👉 Molte Holding falliscono perché nascono senza un disegno. Ma quando la struttura è costruita con metodo, la differenza si vede subito: da punto debole diventa regia. È qui che si comprende cosa significa davvero una Holding ben progettata.
LA HOLDING BEN PROGETTATA: STRUMENTO STRATEGICO, NON FINE A SÉ STESSA
Una Holding ben progettata è la risposta agli errori più frequenti. Quando nasce da una visione consapevole e da un impianto strategico solido, diventa una leva di governo che unisce fiscalità, protezione e continuità. È la differenza tra una struttura che limita e una che potenzia.
I vantaggi reali non derivano dalla forma giuridica, ma dalla coerenza tra architettura, obiettivi e governance. Una Holding ben disegnata consolida il controllo familiare, isola i rischi e ottimizza i flussi economici. Favorisce la pianificazione successoria, coordina utili e perdite, gestisce dividendi in modo efficiente e protegge immobili o partecipazioni qualificate.
Sul piano operativo rafforza governance e trasparenza. Regole chiare tra soci, decisioni documentate e controllo dei flussi intercompany aumentano la credibilità verso banche, investitori e partner. Un gruppo organizzato, con bilanci coerenti e direzione leggibile, ottiene rating migliori e accesso più agevole al credito.
Ma la Holding non è un traguardo: è un mezzo. Se costituita troppo presto, congela problemi; se tardiva, consolida inefficienze. Il momento giusto è quello in cui l’imprenditore ha chiara la visione di ciò che vuole proteggere, trasmettere o far crescere.
Una Holding efficace riflette maturità e metodo. Non è una scorciatoia fiscale, ma una cabina di regia patrimoniale. È il segno di un’imprenditoria evoluta che decide di dare ordine e continuità al proprio valore, trasformando la struttura in una piattaforma stabile di comando e di futuro.
APPROFONDIMENTI
- Rischi Fiscali nei Bilanci delle Holding: errori e soluzioni
- Tassazione Cessione Partecipazioni: Norme e Plusvalenze
- Holding e Successione: Cosa insegna il caso Berlusconi
- Strategie di Pianificazione e Protezione del Patrimonio
CONCLUSIONI: LA HOLDING È UNA SCELTA DI REGIA, NON DI MODA
Ogni Holding racconta una visione. C’è chi la adotta per imitazione e chi la costruisce per garantire continuità, protezione e controllo. La differenza non è nella forma, ma nella regia. Una Holding non è un artificio fiscale, ma una struttura di governo patrimoniale che integra diritto, finanza e strategia familiare in un sistema coerente.
Banche, agenzie fiscali e tribunali non guardano più alle etichette, ma alla sostanza economica. Una Holding priva di coerenza tra funzioni, flussi e governance perde opponibilità e credibilità. Al contrario, una struttura ben progettata, sostenuta da contratti, delibere e gestione trasparente, diventa una corazza patrimoniale: tutela gli asset, rafforza la fiducia e mantiene solidità nel tempo.
Non tutte le Holding sono adatte a chi le costituisce. Chi le utilizza senza una visione definita ne subisce il peso; chi le crea con metodo ne amplifica la forza. Capire in quale condizione ci si trova è la chiave per evitare errori costosi e trasformare la struttura in un vantaggio competitivo.
Le architetture patrimoniali efficaci nascono da equilibrio e consapevolezza. Ogni decisione deve armonizzare potere, responsabilità e continuità generazionale. L’imprenditore che istituisce una Holding senza un piano di regia aumenta la complessità; chi la governa con metodo consolida valore, reputazione e stabilità nel tempo.
La vera domanda non è se costituire una Holding, ma come renderla coerente, opponibile e utile al progetto familiare e imprenditoriale. Verificare se la propria struttura riflette davvero la visione del gruppo è il primo passo per decidere se correggerla, consolidarla o trasformarla. Solo così la Holding diventa ciò che deve essere: una regia patrimoniale solida, opponibile e destinata a durare nel tempo.
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