STATUTO SOCIETÀ SEMPLICE: COME COSTRUIRE UN ATTO COSTITUTIVO BLINDATO

liquidazione della quota del socio

Data
01.03.2025

Autore
Matteo Rinaldi

La Società Semplice è oggi il contenitore patrimoniale più efficace per proteggere immobili, partecipazioni e asset di valore. La tutela, però, non nasce dall’intestazione dei beni ma dalla struttura dell’atto costitutivo: clausole opponibili, prelazione reale, governance rafforzata, veto, riserve vincolate e fiduciario interno. Solo un impianto progettato con rigore previene frammentazione, ingressi indesiderati e rischi successori.

SOCIALTÀ SEMPLICE E PROTEZIONE BENI: PERCHÉ FUNZIONA SOLO SE L’ATTO È BLINDATO

La Società Semplice è oggi lo strumento più snello ed efficace per segregare immobili, partecipazioni qualificate, quote di SRL e Holding, portafogli finanziari, ETF, liquidità, opere d’arte, collezioni e asset di alto valore.

Ma la protezione non nasce dall’intestazione dei beni: nasce dalla precisione dell’atto costitutivo. Un atto debole non è innocuo: è un varco. E un varco, in ambito patrimoniale, equivale a perdita di controllo. È il motivo per cui sempre più famiglie cercano protezione immobiliare tramite Società Semplice: modelli generici e atti “standard” non reggono al primo evento critico.

Molte strutture sembrano corrette, ma non hanno l’impianto che serve quando arriva ciò che nessuno prevede: contenziosi, separazioni, pignoramenti, premorienze. Senza clausole opponibili, regole sul trasferimento delle quote e presìdi sugli utili, la società diventa vulnerabile. Un atto impreciso non protegge: espone. E quando a essere esposto è un patrimonio familiare — immobili, partecipazioni, beni di pregio — l’esposizione è immediata.

La Cassazione è chiara: la mera intestazione non crea segregazione. Senza clausole vincolanti opponibili ai sensi dell’art. 1372 c.c., la società resta formalmente valida ma sostanzialmente fragile. Con la morte di un socio, l’assenza del patto di continuazione (art. 2284 c.c.) genera il solito effetto a cascata: ingresso automatico degli eredi, frammentazione del controllo, blocco operativo. Anche la disciplina degli utili, se non costruita secondo la logica delle società di persone, diventa un punto di attacco immediato per i creditori particolari.

La Suprema Corte, con ordinanza n. 21963/2022, sintetizza la regola che governa tutto: solo ciò che è scritto è opponibile; ciò che non è previsto non esiste. Un evento critico cristallizza l’assetto e impedisce qualsiasi correzione. La protezione patrimoniale è sempre una scelta preventiva: se non è progettata prima, non esiste.


ATTO COSTITUTIVO SOCIETÀ SEMPLICE: CLAUSOLE OPPONIBILI CHE PROTEGGONO DAVVERO

L’intestazione dei beni è un atto formale; la protezione è un progetto. La solidità di una Società Semplice si misura nelle clausole opponibili che blindano l’atto costitutivo prima che arrivi un evento critico.

La tenuta dell’intero impianto patrimoniale dipende dal contenuto dell’atto. Se è scritto con rigore diventa un meccanismo stabile; se è scritto in modo generico si trasforma in un rischio strutturale. Cass. 20819/2020 lo conferma: l’efficacia esterna non deriva dalla forma societaria, ma dalla precisione delle clausole.

Il passaggio generazionale rappresenta la prova più delicata. In assenza di regole tecniche su subentro e liquidazione, la struttura si blocca: decisioni ferme, governance paralizzata, partecipazioni esposte. La giurisprudenza attribuisce piena efficacia alle clausole restrittive e alla prelazione opponibile ai terzi (Cass. 24707/2015), ma solo se l’atto è costruito con rigore.

Un atto progettato protegge patrimoni complessi: immobili, partecipazioni, opere d’arte, liquidità e portafogli finanziari. Gli strumenti sono noti ma spesso applicati in modo superficiale: intrasferibilità reale delle quote, prelazione opponibile, poteri di veto calibrati, disciplina tecnica degli utili, limiti alle modifiche statutarie, riserve vincolate. Sono i presìdi che impediscono ingressi indesiderati e mantengono il controllo nei momenti critici.

La regola che governa tutto è lineare e definitiva: dopo un evento critico la società non è più modificabile. Ogni lacuna resta permanente. Ogni vulnerabilità si cristallizza. L’atto costitutivo non è un documento iniziale: è lo scudo che determina se il patrimonio resterà protetto o rimarrà esposto.


EVENTI CRITICI E RESPONSABILITÀ: CIÒ CHE DISTRUGGE UNA SOCIETÀ SEMPLICE SE NON È SCRITTO NELLO STATUTO

Esiste un punto spesso ignorato: ciò che accade quando la vita reale entra nella società. Recesso, morte, esclusione, responsabilità illimitata. Nelle società di persone questi eventi non sono neutri: senza clausole di continuità e procedure tecniche, l’intero sistema si blocca.

Il socio che recede può generare una liquidazione incontrollata. La morte di un socio apre automaticamente la porta agli eredi, con frammentazione del controllo e paralisi decisionale. Una crisi personale può trascinare tutti gli altri soci nella responsabilità illimitata. Sono scenari concreti. Sono anche gli scenari che l’atto standard non governa.

Una struttura progettata, invece, anticipa tutto questo: definisce come si entra, come si esce, cosa accade alla morte del socio, come si gestisce la responsabilità personale e quando interviene l’esclusione. È la parte invisibile a chi copia un modello, ma è la sezione che decide se la società resta operativa o se implode al primo imprevisto.


CLAUSOLE E GOVERNANCE PER UNA SOCIETÀ SEMPLICE BLINDATA

La protezione patrimoniale non nasce dalla forma societaria, ma dall’ingegneria delle clausole. Una Società Semplice funziona solo quando lo statuto diventa un sistema di controllo: un impianto che anticipa gli scenari critici, li neutralizza e impedisce che pressioni esterne — creditori, eredi, conflitti — penetrino nella struttura.

Il primo presidio riguarda le quote. L’intrasferibilità non è un divieto generico, ma una barriera che blocca il trasferimento automatico agli eredi (art. 2284 c.c.) e impedisce l’ingresso di soggetti estranei. Nella progettazione avanzata, il passaggio generazionale non avviene come effetto successorio, ma come procedura tecnica regolata.

Segue la prelazione opponibile. Per essere reale — e quindi efficace anche in sede esecutiva — deve prevedere tempi certi, criteri di valutazione e conseguenze definite. La prelazione “forte” delle Società Semplici è spesso ciò che impedisce ingressi indesiderati e ricostruzioni di valore richieste dai creditori particolari.

Sul piano decisionale opera la governance rafforzata. Il richiamo all’art. 2259 c.c. non è formale: distingue ciò che incide sul patrimonio da ciò che rientra nell’ordinario. Una governance debole genera conflitti, iniziative solitarie e atti impulsivi. Una governance calibrata crea stabilità, continuità e controllo nei momenti delicati.

Altro nodo strutturale è la disciplina degli utili. Senza regole interne, ogni socio può chiedere liquidazioni improprie o subire pressioni da creditori. Una riserva vincolata — alimentata da utili e plusvalenze — stabilizza la società e impedisce prelievi che comprometterebbero la continuità e la segregazione patrimoniale.

Per i beni strategici — immobili, opere d’arte, liquidità rilevante — il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. aggiunge un livello ulteriore di protezione. Non sostituisce la struttura societaria: la completa, creando una doppia cintura di sicurezza.

Quando un socio diventa fattore di rischio interviene la clausola di esclusione e consolidamento, che tutela il nucleo operativo e mantiene la coesione del controllo. È la risposta tecnica alle vulnerabilità individuali che potrebbero compromettere l’intero sistema.

A chiudere l’impianto opera il fiduciario interno: una figura tecnica che vigila sull’applicazione delle clausole e sulle decisioni sensibili. Garantisce continuità anche nei passaggi più fragili. In parallelo, una disciplina rigida delle modifiche statutarie impedisce che la struttura possa essere alterata con interventi opportunistici o pressioni familiari.

Il risultato è un sistema. Non un insieme di clausole, ma un’architettura integrata che tiene insieme patrimonio, controllo e continuità. È l’aggancio naturale al caso studio che segue, dove ogni elemento descritto trova applicazione concreta.


CASO STUDIO: COME ABBIAMO COSTRUITO UNA SOCIETÀ SEMPLICE PER UNA FAMIGLIA

Una famiglia della provincia di Napoli — genitori e tre figli adulti, di cui uno residente all’estero — ci contatta dopo aver letto una serie di nostri articoli sulla Società Semplice. Non una lettura veloce: li hanno studiati uno dopo l’altro, prendendo appunti e verificando ogni punto rispetto alla loro situazione. È il segnale distintivo delle famiglie che cercano una soluzione vera, non una forma.

Nella prima mail spiegano che quegli articoli avevano “messo ordine” in dubbi rimasti irrisolti per anni e che nessun professionista era mai riuscito a chiarire con la stessa precisione. Per noi è un indicatore netto: quando un lettore coglie subito la coerenza tecnica di un contenuto, significa che possiede il livello di consapevolezza necessario per un progetto serio. E il dialogo parte nella direzione corretta.

Il patrimonio familiare è rilevante ma frammentato: immobili in comproprietà, portafogli gestiti separatamente, liquidità distribuita su più istituti, partecipazioni prive di regia. Una configurazione tipica delle famiglie unite ma non strutturate: nessuna emergenza apparente, ma nessuna protezione se entra in scena un evento critico. Cinque soci che possiedono molto, ma senza un centro di gravità.

Organizziamo una consulenza con tutti i membri, collegati da diverse città italiane e con un figlio dall’estero.

Qualche giorno prima ci inviano un documento sorprendentemente articolato: avevano tentato di costruire uno “statuto preliminare” partendo dai nostri articoli. Le intuizioni erano corrette, ma la struttura — prevedibilmente — non era tecnicamente praticabile. Tuttavia il valore non era nella forma, ma nel gesto: una famiglia che ha già fatto un primo passo verso la progettazione.

La fase iniziale è sempre la stessa: comprendere le persone prima dei beni. Ogni famiglia ha tensioni, ruoli, sensibilità, equilibri invisibili dall’esterno. C’è chi gestisce, chi preferisce delegare, chi teme la frammentazione, chi vuole un ruolo senza appesantire gli altri, chi ha vissuto situazioni che non vuole rivedere.

Durante l’analisi emerge un nodo decisivo: due dei figli, per età, potrebbero lasciare eredi minorenni in caso di premorienza. Un punto quasi sempre ignorato, ma capace di bloccare una società intera. L’ingresso di eredi minori attiva l’autorità tutelare, che richiede autorizzazioni anche per atti ordinari. Significa rallentamenti, controlli esterni, impossibilità di operare nei momenti più delicati. La struttura andava progettata per prevenire questa vulnerabilità.

Dall’ascolto emerge poi la vera fragilità: il patrimonio non ha un ordine interno. Oggi funziona perché non ci sono tensioni. Ma basta un imprevisto — un’eredità inattesa, un pignoramento, una malattia, un conflitto — per creare un effetto domino difficile da gestire. È la condizione in cui molte famiglie credono di avere un sistema, quando hanno soltanto un equilibrio temporaneo.

Dopo una consulenza intensa, durata quasi due ore, la famiglia decide di affidare a Matteo Rinaldi la costituzione della loro Società Semplice. Non cercano una struttura “di tre pagine”: hanno compreso che serve un impianto in grado di assorbire la complessità senza irrigidirla.

Il lavoro dura circa tre mesi. Lo statuto completo supera le 70 pagine. Ogni clausola risponde a una vulnerabilità reale. Ogni procedura nasce da scenari vissuti o da criticità che la famiglia temeva potessero verificarsi.

La continuità familiare diventa un meccanismo, non un auspicio. I pesi decisionali non seguono la matematica, ma logiche di affidabilità, competenza e stabilità. La governance è scritta per funzionare anche quando la famiglia attraverserà fasi che oggi non riesce ancora a prevedere. Architetture di questo livello non tollerano approssimazioni: la progettazione deve anticipare ciò che può accadere nei prossimi vent’anni.

È in questa fase che inseriamo la componente tecnica che caratterizza i nostri impianti: l’atto non deve funzionare quando tutto è stabile, ma quando qualcosa si spezza.

Per completare la protezione, la famiglia affianca allo statuto una scrittura privata dedicata al fiduciario interno. Non è un amministratore e non sostituisce i soci: è un garante tecnico. Vigila sulle clausole, assicura coerenza nelle fasi di transizione, tutela l’assetto originario in caso di premorienza e gestisce gli scenari con eredi minorenni. È il presidio che evita la paralisi derivante da autorizzazioni giudiziarie o interferenze esterne proprio quando serve continuità.

Il fiduciario interno presenta un vantaggio decisivo rispetto al Trustee: non comporta spossessamento né trasferimento dei beni a terzi. I soci mantengono la proprietà. Evitano modelli segregativi “forti”, spesso incompatibili con la cultura patrimoniale italiana. Il fiduciario opera dentro la struttura, non al posto dei soci. Garantisce protezione e continuità senza imporre le rinunce formali tipiche del trust. È la soluzione che offre sicurezza senza alterare le dinamiche familiari.

In questo caso la famiglia indica Matteo Rinaldi come fiduciario interno. Svolge funzioni di vigilanza strategica e garanzia tecnica, utili a preservare ordine e continuità quando alcuni soci — per successione o impedimenti temporanei — non possono esercitare i propri diritti.

Al momento della firma non percepiscono di aver “creato una società”. Percepiscono di aver dato struttura a ciò che fino a quel momento era sorretto solo da equilibrio e buona volontà. L’immagine è chiara: prima un patrimonio stabile solo finché nulla accade; ora un sistema progettato per reggere anche quando tutto accade.

Durante quel passaggio comprendono che gli articoli letti — gli stessi che li avevano spinti a contattarci — non erano teoria, ma la sintesi di un metodo. È il momento in cui la conoscenza si trasforma in architettura reale. Ed è il segnale più forte anche sotto il profilo editoriale: il contenuto crea consapevolezza, e la consapevolezza porta la famiglia a volere un progetto professionale.

Il risultato finale è evidente: prima della consulenza cinque persone possedevano un insieme di beni; ora quella famiglia ha un sistema. Una Roccaforte. E la solidità di una Roccaforte non si misura nei giorni tranquilli, ma nei giorni difficili.


COME IMPEDIRE AL CREDITORE DI ATTACCARE LA SOCIETÀ: LA QUOTA DEL SOCIO

La liquidazione della quota, quando un socio ha creditori particolari, è uno dei temi più fraintesi nella protezione patrimoniale. In rete circolano interpretazioni opposte: c’è chi parla di valori di mercato, chi ipotizza perizie, chi immagina che il giudice possa sostituire i criteri pattuiti dai soci, chi arriva perfino a sostenere che “si perdono gli immobili”. Nulla di tutto questo è corretto.

Nelle società di persone prevale ciò che è scritto nello statuto. Se la clausola è generica — come nella maggior parte degli atti standard, che richiamano l’articolo 2289 c.c. senza criteri né limiti — il creditore trova spazio e attacca immediatamente. Se invece l’atto è costruito come un sistema unitario, quel margine scompare. Non servono trust, non servono società estere, non servono soluzioni esotiche: serve uno statuto progettato con precisione, in cui ogni regola opera insieme alle altre.

Per comprendere come funziona un’impostazione corretta, basta osservare — solo a livello concettuale — la logica con cui nei nostri Patti Sociali regoliamo la liquidazione della quota, tipicamente tra l’Articolo 16 e l’Articolo 18. Non è il singolo comma che protegge: è l’ingegneria complessiva che governa valutazione, opponibilità, continuità, prelazione e governance.

Primo pilastro è il criterio unico di valutazione. La quota si liquida solo a valore netto contabile, determinato tramite una Situazione Patrimoniale redatta secondo criteri civilistici. È l’unico modo per escludere ciò che genera contenziosi: plusvalenze latenti, valori venali, stime di terzi, perizie CTU, avviamento, goodwill e proiezioni future.
Gli immobili sono il bersaglio principale dei creditori. La tripla esclusione contabile — niente rivalutazioni, niente ricostruzioni, niente perizie — li blocca. Restano a valore contabile, impedendo che un debito personale del socio diventi un attacco indiretto al patrimonio familiare.

Secondo pilastro riguarda l’oggetto della liquidazione. Si liquida la quota, non i beni sociali. Lo statuto esclude vendite forzate, nuovo debito, modifiche patrimoniali e pagamenti in natura. La liquidazione avviene solo in denaro e nei limiti della liquidità disponibile, senza operazioni straordinarie.
Il creditore particolare resta fuori dalla società: nessun voto, nessuna informazione, nessun potere gestorio, nessuna incidenza sulla governance. La sua pretesa si arresta sulla soglia.

Terzo pilastro è l’inderogabilità del sistema. La clausola opera come meccanismo unitario, coordinato con prelazione rafforzata, limiti ai trasferimenti e poteri dei soci superstiti. È il sistema complessivo — non la frase isolata — che impedisce valutazioni arbitrarie, ingressi indesiderati, pressioni esecutive e manovre sul patrimonio sociale.
Ogni elemento sostiene gli altri. Senza questa concatenazione, la protezione non esiste.

Da questa logica discende l’essenza del meccanismo: nei nostri Patti Sociali la liquidazione della quota non è un numero da calcolare, ma una barriera che neutralizza qualsiasi tentativo di valutazione esterna, isola gli immobili da ogni stima e impedisce ai creditori particolari di interferire nella società. È un meccanismo, non un comma.

Nei contenziosi reali lo schema è sempre identico. Dove l’atto è debole, il creditore entra, chiede valutazioni alternative, invoca perizie, tenta ricostruzioni. Dove l’atto è progettato, non passa. Gli atti standard, nati per essere “semplici”, non proteggono nulla. Una Società Semplice con patrimonio reale non si regge su clausole generiche: si regge su un’architettura costruita per anticipare i contenziosi, non per difendersi a posteriori.

La regola è chiara e definitiva: la liquidazione della quota non è una clausola ma un meccanismo di controllo patrimoniale. Ciò che non è previsto prima dell’evento critico non opera dopo. E ciò che non è blindato prima, non regge mai quando serve davvero.


COME SI SCRIVE UN ATTO COSTITUTIVO BLINDATO

Un atto costitutivo non è un atto formale: è la struttura che decide se una Società Semplice protegge davvero il patrimonio o se, alla prima tensione, si apre come una scatola vuota. La differenza non la fa il Notaio. La fa la progettazione che precede la firma: analisi, scelte, architettura. Senza questa fase, l’atto resta un contenitore fragile.

Gli atti standard da tre pagine funzionano solo quando non c’è nulla da difendere. Ma quando entrano in gioco immobili, riserve, partecipazioni, equilibri familiari o soci con rischi personali, servono regole capaci di anticipare gli scenari critici: ingresso di eredi, conflitti, pignoramenti, separazioni, richieste di liquidazione. È lì che una Società Semplice viene testata. Se il sistema non è progettato, cede.

Un impianto serio nasce dalla mappatura patrimoniale e personale: chi può incidere, quali beni richiedono isolamento, quali rischi sono già presenti, quali dinamiche future possono alterare l’equilibrio. Solo dopo questo quadro si costruisce l’ingegneria interna: intrasferibilità reale delle quote, prelazione opponibile, riserve vincolate, limiti agli atti dispositivi, disciplina del subentro, procedure di crisi, scenari successori, governance calibrata sulle persone e non su modelli astratti.

Nelle famiglie multigenerazionali, con eredi minorenni o con differenze marcate tra capacità gestionali, il fiduciario interno diventa un presidio definitivo. Non gestisce. Non sostituisce i soci. Vigila. Mantiene coerenza nelle fasi delicate, impedisce modifiche impulsive, preserva la volontà originaria. Offre una protezione paragonabile — spesso superiore — ai modelli segregativi più rigidi, ma senza spossessamento. È una soluzione rara in Italia, ma essenziale quando il patrimonio ha peso.

Costruire un impianto così richiede settimane: analisi, simulazioni, verifiche di opponibilità, allineamento ai rischi reali, definizione dei pesi decisionali. Ogni clausola deve incastrarsi con un’altra, senza lasciare varchi. I modelli standard non possono essere usati: non reggerebbero un contenzioso, né una procedura esecutiva, né una crisi familiare.

Solo un progetto completo crea protezione effettiva. Nessun bene resta esposto: quote, immobili e riserve entrano in un sistema unitario, blindato, capace di tenere fuori creditori, eredi indesiderati o soci problematici anche nei momenti peggiori. Il risultato non è solo tutela: è continuità, stabilità e un impianto progettato per anticipare ogni scenario e proteggere ciò che conta davvero.


APPROFONDIMENTI CORRELATI

Perché l’eredità fa esplodere le famiglie (e come evitarlo davvero)
https://matteorinaldi.net/perche-eredita-fa-esplodere-famiglie/

Le 7 Strutture che Trasformano un Patrimonio Immobiliare
https://matteorinaldi.net/le-7-strutture-che-trasformano-un-patrimonio-immobiliare/

Società Semplice Immobiliare: la Protezione che Nessuno Può Attaccare
https://matteorinaldi.net/societa-semplice-immobiliare-blindata/

Patrimoni Senza Eredi: perché serve una regia opponibile per non distruggere tutto
https://matteorinaldi.net/patrimoni-senza-eredi-regia-fiduciaria-advisor/

Eredità e Successione: gestione strategica del patrimonio
https://matteorinaldi.net/eredita-successione-gestione-strategica-patrimonio/

Se gestisci un patrimonio immobiliare complesso, questi approfondimenti ti mostrano i tre fronti che generano le crisi – famiglia, forma giuridica, regia – e come vengono risolti nei modelli patrimoniali evoluti.


CONCLUSIONE: LA PROTEZIONE NASCE DALL’ARCHITETTURA, NON DALLA FORMA SOCIETARIA

La difesa di un patrimonio non deriva da modelli generici o da semplici intestazioni: richiede regia tecnica, precisione giuridica e progettazione societaria mirata. Immobili, partecipazioni, portafogli finanziari e liquidità devono essere protetti prima che diventino bersaglio di pignoramenti, contenziosi ereditari o revocatorie fiscali.

Quando la Società Semplice è costruita correttamente garantisce continuità intergenerazionale e tutela effettiva. Clausole opponibili, governance blindata, fondi vincolati, diritto di veto e accrescimento tra superstiti creano presìdi che creditori, eredi e tribunali non possono aggirare. La sigla “S.S.” non ha alcun valore autonomo: la protezione nasce dall’atto costitutivo e dalle sue regole inderogabili.

Soluzioni standard non esistono. Serve strategia su misura, competenza tecnica e attenzione al dettaglio. Uno statuto debole espone il patrimonio a rischi irreversibili. Ogni decisione non disciplinata, ogni clausola mancante, ogni fondo non vincolato può tradursi in perdita di valore o in conflitti interni. Una protezione patrimoniale efficace è sempre un progetto strutturato, mai un documento precompilato.


SESSIONE TECNICA RISERVATA — €300 + IVA

Un incontro di 60 minuti per analizzare la posizione patrimoniale e individuare vulnerabilità, priorità e strumenti attuabili. Durante la sessione, il cliente espone obiettivi o criticità — Successione, Quote, Trust, Fondazioni, Investimenti, Polizze Vita o riallineamento di beni — e riceve una Consulenza Strategica personalizzata. L’incontro è condotto personalmente da Matteo Rinaldi, in studio a Milano o in videoconferenza riservata. Tutte le informazioni rimangono confidenziali.

Se, al termine, viene affidato l’incarico per la prosecuzione, il costo del primo appuntamento viene integralmente scontato dalle competenze professionali successive. È il modo più diretto per comprendere come blindare il patrimonio con metodo, regia e opponibilità.

Per confermare la richiesta di appuntamento, La invitiamo a usare il sistema di prenotazione diretta. Il link seguente consente di accedere all’agenda e selezionare giorno e orario desiderati.


PRENOTA ORA LA CONSULENZA

Accedi all’agenda e scegli giorno e orario per la consulenza con Matteo Rinaldi, in studio a Milano o in videoconferenza.


ARCHITETTURE PATRIMONIALI AVANZATE: REGIA STRATEGICA A MILANO

Proteggere un patrimonio non significa affidarsi a modelli standard, ma disegnare architetture opponibili, capaci di resistere a creditori, pretese fiscali e tensioni familiari. La differenza non sta negli strumenti, ma nella regia: clausole vincolanti, strutture che impediscono manovre esterne e una governance in grado di assicurare continuità dal fondatore alla generazione successiva, senza fratture né dispersioni.

Matteo Rinaldi, con Master in Avvocato d’Affari e in Family Office, ha riorganizzato oltre duecento gruppi familiari e industriali, costruendo strutture patrimoniali integrate per imprenditori che scelgono Milano come luogo dove il patrimonio assume forma giuridica e direzione strategica. Qui la ricchezza diventa struttura, la struttura diventa protezione, e la protezione si trasforma in continuità.

Architetture uniche e personalizzate, progettate e dirette da Matteo Rinaldi, per garantire protezione effettiva, continuità intergenerazionale e governo efficiente degli asset. Con rigore tecnico, visione internazionale e radicamento milanese, ogni struttura diventa una piattaforma di controllo, opponibilità e vantaggio competitivo, trasformando la gestione patrimoniale in una strategia di lungo periodo.


salotto-contatti


 

VUOI MAGGIORI INFORMAZIONI? 

Siamo qui per aiutarti! Chiama subito al +39 02 87348349. Prenota la tua consulenza. Puoi scegliere tra una video conferenza comoda e sicura o incontrarci direttamente nei nostri uffici a Milano.

15 + 12 =