HOLDING: STRUTTURA, CONTRATTI INFRAGRUPPO, RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI

liquidazione della quota del socio

Data
23.02.2025

Autore
Matteo Rinaldi

L’articolo analizza il ruolo strategico della Holding nei gruppi societari, evidenziando il bilanciamento tra autonomia delle controllate e coordinamento centralizzato. Approfondisce i contratti infragruppo, i rischi di abuso di direzione, la responsabilità degli amministratori multisocietari e la necessità di trasparenza e vantaggi compensativi nelle operazioni. Viene inoltre esaminata la regolamentazione fiscale e giuridica per garantire la sostenibilità del gruppo.

HOLDING: CONTRATTI, RESPONSABILITÀ E AMMINISTRATORI

Nel momento in cui un imprenditore decide di strutturare le proprie attività sotto una Holding, fa una scelta strategica che cambia le regole del gioco. Protezione del patrimonio, coordinamento operativo, efficienza fiscale: tutto questo è possibile, ma solo se il sistema regge anche sotto stress. E i punti di rottura sono sempre gli stessi: rapporti infragruppo mal regolati, governance ambigua, decisioni centralizzate che sfavoriscono una delle controllate, assenza di documentazione strategica e contrattuale.

La normativa italiana non lascia spazio a leggerezze. Chi dirige un gruppo societario risponde in prima persona se impone operazioni svantaggiose, se svuota di liquidità una società per sostenere le altre, se abusa del proprio potere di indirizzo. Eppure, molti gruppi vengono strutturati senza una reale architettura difensiva, convinti che la proprietà comune basti a giustificare ogni scelta. È una convinzione pericolosa.

Contenuti

Non serve un errore clamoroso per trovarsi esposti. Basta un contratto infragruppo mal calibrato, una prestazione non documentata, una decisione imposta senza una motivazione economica solida. È in questi dettagli che si giocano le responsabilità, le contestazioni fiscali e le azioni risarcitorie.

Per chi guida un’impresa complessa, non è sufficiente avere una Holding. Occorre saperla governare. Questo significa regolare ogni scambio tra le società con logica e trasparenza, definire con precisione ruoli e limiti decisionali, esercitare il coordinamento in modo tracciabile e coerente con gli obiettivi aziendali.

In questo scenario, i contratti infragruppo non sono accessori. Sono il primo punto da cui si valuta se un gruppo è solido o vulnerabile. E da lì si apre l’intera questione della direzione e coordinamento, della responsabilità della capogruppo, della figura dell’amministratore multisocietario e della validità delle operazioni strategiche.


GRUPPO SOCIETARIO: COME CREARE UNA HOLDING STRATEGICA E SICURA

Quando le società iniziano a moltiplicarsi, i rischi aumentano. Senza una Holding, l’imprenditore resta l’unico garante del patrimonio personale e aziendale. E questo è un rischio che oggi non si può più permettere.

Il modello del gruppo societario si è affermato come la soluzione più efficace per proteggere gli asset, pianificare la crescita, ottimizzare la fiscalità e affrontare il passaggio generazionale. Un tempo esclusivo delle multinazionali, oggi è adottato anche da PMI evolute e famiglie patrimoniali. Oltre il 40% delle società italiane opera già in una struttura di gruppo: un dato che segna un cambio di paradigma e che evidenzia quanto la creazione di una holding familiare sia diventata una scelta strategica e non più solo fiscale.

Attraverso la costituzione di una Holding in Italia è possibile separare il rischio operativo dal patrimonio, gestire il capitale in modo centralizzato, attrarre investitori qualificati, sfruttare il consolidato fiscale e progettare una governance stabile. Ma affinché funzioni davvero, l’intero gruppo deve poggiare su una struttura giuridica coerente e su una direzione e coordinamento conforme all’art. 2497 c.c., per non incorrere in responsabilità verso soci e creditori.

BENEFICI STRATEGICI DI UNA HOLDING FAMILIARE

La creazione di una Holding consente di costruire un sistema imprenditoriale solido, scalabile e sostenibile. Tra i benefici principali:

  • Protezione patrimoniale: separazione tra rischi operativi e asset immobiliari o finanziari.
  • Efficienza fiscale: grazie a strumenti come il consolidato fiscale, il cash pooling, la gestione infragruppo dei flussi finanziari e l’esenzione PEX.
  • Migliore accesso al credito e potere negoziale: un gruppo strutturato ha più forza davanti a banche e investitori.
  • Flessibilità per operazioni straordinarie: acquisizioni, cessioni di rami, spin-off, internazionalizzazione.
  • Governance intergenerazionale: separare proprietà da potere decisionale, assegnare ruoli su base meritocratica, evitare conflitti tra eredi.

Un assetto così progettato non è solo organizzativo: è uno strumento per aumentare il valore dell’impresa e garantire continuità nel tempo.

GOVERNARE UN GRUPPO SENZA SCHIACCIARE LE CONTROLLATE

Il potere della Holding si esercita tramite strumenti giuridici e contrattuali ben calibrati. La partecipazione qualificata consente di nominare amministratori e indirizzare la strategia. I contratti infragruppo regolano i flussi operativi e finanziari, mentre gli accordi quadro stabiliscono le linee guida strategiche. Le delibere assembleari formalizzano le decisioni rilevanti.

Tuttavia, la governance efficace non è mai pura imposizione. Una holding ben strutturata crea un equilibrio tra autonomia operativa delle singole società e coerenza strategica dell’intero gruppo. Questo richiede tracciabilità, trasparenza e aderenza alla normativa civilistica e fiscale, soprattutto in tema di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 del Codice civile.

L’AMMINISTRATORE MULTISOCIETARIO: RISORSA DA REGOLARE, NON RISCHIO DA TEMERE

La figura dell’amministratore multisocietario è sempre più diffusa nei gruppi italiani, anche di dimensioni medio-piccole. Un unico professionista può garantire rapidità decisionale, visione integrata e coerenza operativa. Ma senza un sistema di deleghe chiare e una governance ben disegnata, questo assetto può generare conflitti di interesse, sovrapposizioni di competenze e rischi personali di responsabilità patrimoniale.

Per funzionare, l’amministratore multisocietario deve operare secondo regole interne trasparenti, con funzioni ben distinte, controlli periodici e tracciabilità di ogni decisione. È uno snodo strategico tra le esigenze delle singole controllate e gli obiettivi della capogruppo.

CONTRATTO DI COORDINAMENTO: STRUMENTO ESSENZIALE PER GOVERNARE IL GRUPPO

La regolamentazione dei rapporti tra Holding e controllate passa attraverso un contratto di coordinamento gerarchico. Questo documento, personalizzabile per ogni tipologia di gruppo, consente di definire le funzioni strategiche e operative della capogruppo, mantenendo l’autonomia giuridica delle singole società.

Nel caso di gruppi orizzontali – che operano in settori affini o mercati diversi – il contratto può prevenire sovrapposizioni e razionalizzare l’offerta. Nei gruppi verticali – in cui ogni società gestisce una fase della filiera – la capogruppo può gestire gli approvvigionamenti, i finanziamenti e la logistica.

Le clausole chiave includono meccanismi di uscita, possibilità di revisione periodica e facoltà della Holding di adattare l’assetto societario all’evoluzione strategica. Solo un gruppo flessibile è in grado di reagire all’instabilità dei mercati, cogliere nuove opportunità e mantenere coerenza tra tutte le entità del gruppo.

UN GRUPPO BEN STRUTTURATO CREA CREDIBILITÀ E CRESCITA

La differenza tra un’azienda che scala e una che implode spesso non sta nel fatturato, ma negli assetti societari. La Holding, se ben costituita, è molto più di una cassaforte: è un acceleratore di stabilità, fiscalità intelligente e visione.

Un assetto di gruppo permette di separare le scelte imprenditoriali dai rischi operativi. Di proteggere il patrimonio anche in caso di crisi. Di decidere chi comanda, senza lasciare il futuro nelle mani del caso. Una struttura Golding ben governata non è solo un vantaggio competitivo. È un linguaggio condiviso tra imprenditori evoluti, advisor patrimoniali e investitori.

Ma un gruppo ben strutturato non basta. È la coerenza normativa – nei contratti infragruppo, nella direzione esercitata, nella documentazione delle scelte – che distingue un assetto solido da uno vulnerabile. Una struttura di gruppo non si improvvisa. E quando è troppo tardi, non basta correggere: bisogna ricostruire. Chi pianifica in anticipo, spesso non ha bisogno di correre ai ripari.


DIREZIONE DELLA HOLDING E CONTRATTI INFRAGRUPPO: COME STRUTTURARE UN GRUPPO EFFICIENTE

Nel contesto di un gruppo societario ben strutturato, la direzione e il coordinamento esercitati dalla holding non rappresentano una mera formalità. Sono il cuore operativo e strategico dell’intero assetto, capaci di trasformare una somma di società in un ecosistema coordinato, solido e scalabile. Se ben gestita, la holding garantisce coerenza decisionale, ottimizzazione delle risorse e riduzione dei rischi; se mal gestita, può generare contenziosi fiscali, squilibri finanziari e responsabilità personali per soci e amministratori.

L’articolazione della direzione centrale deve rispettare pienamente quanto previsto dagli articoli 2497 e seguenti del Codice civile. La normativa richiede che ogni intervento della holding sia trasparente, documentato e giustificabile secondo una logica economica chiara, evitando squilibri dannosi per le società controllate e per i loro creditori.

LEVE STRATEGICHE DELLA DIREZIONE E COORDINAMENTO

La governance esercitata dalla capogruppo agisce su tre direttrici: direzione gestionale, assistenza finanziaria e supporto operativo. Nella gestione strategica, la Holding orienta le controllate attraverso la nomina degli amministratori e l’indirizzo di piani industriali, finanziari e di sviluppo, allineando le decisioni al progetto complessivo del gruppo.

Sul fronte finanziario, la Holding gestisce l’allocazione delle risorse mediante finanziamenti infragruppo. I flussi upstream (dalle controllate alla capogruppo) e downstream (dalla holding alle società operative) devono essere bilanciati, formalizzati e giustificati da un interesse economico concreto e reciproco.

Operativamente, il coordinamento si esprime attraverso la condivisione di know-how, modelli organizzativi e risorse strategiche, spesso gestite tramite contratti di servizio infragruppo, da redigere con attenzione per evitare contestazioni su prezzi e benefici effettivi.

REGOLAMENTI E PROCEDURE PER UNA GOVERNANCE EFFICACE

Per evitare che il coordinamento diventi ingerenza, è essenziale strutturare regolamenti interni che assicurino uniformità di criteri e trasparenza gestionale. Gli standard contabili devono essere coerenti tra le società del gruppo. I flussi informativi devono essere periodici, tracciabili e utili per il monitoraggio delle performance. Le modalità di approvazione dei budget, le deleghe operative, i contratti rilevanti da sottoporre ad autorizzazione preventiva: tutto deve essere definito e documentato.

L’implementazione di audit indipendenti, a cadenza regolare, rafforza la compliance e dimostra la solidità della governance in caso di controlli o controversie.

CASH POOLING E TESORERIA ACCENTRATA: OTTIMIZZARE SENZA SQUILIBRARE

Uno degli strumenti più efficaci per razionalizzare la gestione finanziaria di un gruppo è il cash pooling. Se strutturato correttamente, consente di ridurre gli oneri finanziari, centralizzare la liquidità e distribuire le risorse secondo le effettive esigenze operative.

Tuttavia, anche il cash pooling deve rispettare il principio di equilibrio tra costi e benefici. I contratti che lo regolano devono prevedere condizioni eque per tutte le società coinvolte, dimostrando che la redistribuzione della liquidità avviene con criteri trasparenti, verificabili e nell’interesse del gruppo nel suo complesso.

LIMITI LEGALI E RESPONSABILITÀ DELLA CAPOGRUPPO

L’articolo 2497 del Codice civile impone un principio chiave: la direzione e coordinamento è lecita solo se non danneggia le controllate, oppure se tali danni sono compensati da vantaggi concreti, documentati e proporzionati.

Imporre a una società operazioni svantaggiose – come la vendita sottocosto di asset, prestiti a tasso zero, o distribuzioni forzate di utili – senza una contropartita strategica reale, espone la holding a responsabilità verso soci di minoranza e creditori. L’abuso di direzione e coordinamento non è un rischio teorico: è una delle principali fonti di contenzioso nelle riorganizzazioni aziendali.

Per ridurre l’esposizione, è necessario che ogni decisione sia documentata, motivata e sostenibile nel tempo. Il principio dei vantaggi compensativi non ammette approssimazioni: serve chiarezza, numeri e coerenza.

CONTRATTI INFRAGRUPPO: PREVENIRE RISCHI FISCALI E CONTABILI

Le operazioni infragruppo sono osservate con particolare attenzione dall’Agenzia delle Entrate. I contratti devono rispettare il principio del valore normale e devono essere effettivi, congrui e giustificati.

I rischi più frequenti? Servizi non prestati ma fatturati, prezzi non allineati al mercato, prestazioni sovrafatturate o senza utilità concreta. Tutti elementi che possono determinare accertamenti fiscali e contestazioni gravi, specie sul piano del transfer pricing.

Per evitare questi rischi è essenziale documentare ogni passaggio: dal contratto all’analisi di mercato, dalla verifica della prestazione alla sua utilità per la società beneficiaria. Dove c’è documentazione, c’è protezione.

LA HOLDING COME ARCHITETTURA DI CRESCITA

Una Holding ben strutturata non serve solo a detenere partecipazioni. È uno strumento per guidare, finanziare, proteggere e far crescere un gruppo imprenditoriale. Ma per svolgere questo ruolo, deve agire con metodo, rispettare la normativa e mantenere una coerenza tra strategia, fiscalità e governance.

Un sistema direzionale trasparente, accompagnato da contratti infragruppo solidi e da una tesoreria ben gestita, può fare la differenza tra un gruppo esposto e vulnerabile, e uno solido, attrattivo e pronto per scalare.


CONTRATTI DI SERVIZIO INFRAGRUPPO: STRUTTURARE, DOCUMENTARE, DIFENDERE

All’interno di un gruppo societario ben governato, la holding non si limita a dirigere dall’alto: può operare direttamente a supporto delle controllate, centralizzando funzioni cruciali attraverso contratti di servizio infragruppo. Questi strumenti sono indispensabili per ottimizzare la gestione, razionalizzare i costi, migliorare la coerenza operativa e presidiare le aree strategiche. Ma per non diventare un boomerang fiscale, devono essere progettati e documentati con precisione.

I contratti di servizio infragruppo disciplinano l’erogazione di attività tra la Holding e le società controllate, o tra le stesse controllate, definendo natura, contenuti, compensi e periodicità. Si tratta di un modello operativo che consente di sfruttare economie di scala, eliminare duplicazioni gestionali e consolidare know-how e risorse specialistiche.

Le principali aree di applicazione comprendono la gestione contabile e fiscale, i servizi informatici, la consulenza legale e societaria, il marketing e la compliance normativa. In ogni ambito, la parola chiave è una sola: efficienza strutturata.

Dal punto di vista operativo, i contratti possono essere di due tipi. Il primo è il contratto di servizio ordinario, dove la società che presta il servizio fattura applicando prezzi allineati al mercato, assumendosi il rischio imprenditoriale. Il secondo è il contratto di ripartizione dei costi, che consente di distribuire tra le società beneficiarie le spese sostenute da una sola entità, secondo criteri di proporzionalità e utilità. Nessun margine di profitto, nessun rischio imprenditoriale, ma mutualità. La scelta tra le due formule va calibrata con attenzione, anche alla luce della fiscalità.

E qui si apre la questione chiave: la congruità fiscale dei contratti infragruppo. L’Agenzia delle Entrate è molto attenta a evitare abusi, trasferimenti illeciti di utili e svalutazione della base imponibile. Il pericolo? Che il servizio venga considerato fittizio, sovrafatturato o non inerente.

Per essere fiscalmente deducibili, i costi devono rispettare tre criteri precisi: l’effettività della prestazione, l’interesse economico della società che riceve il servizio e la congruità del valore rispetto al mercato. Laddove manchi uno solo di questi requisiti, scatta la presunzione di abuso o simulazione.

Nei gruppi internazionali, la determinazione del corrispettivo richiede ancora più rigore. Il principio del valore normale, sancito dagli artt. 110, comma 7, e 9 del TUIR, impone di applicare i criteri del transfer pricing: confronto di prezzo, metodo del costo maggiorato, margine netto comparabile. Le linee guida OCSE integrano questi principi, rendendo necessaria una documentazione dettagliata che giustifichi ogni scelta. Anche nei gruppi italiani, adottare questi standard è una misura prudenziale contro contestazioni.

A presidio dell’intero sistema contrattuale, si colloca il quadro normativo composto da:

  • l’art. 2497 c.c., sulla direzione e coordinamento, che impone trasparenza e correttezza nei rapporti tra holding e controllate;
  • il TUIR, che regola la congruità e la deducibilità delle prestazioni infragruppo;
  • le norme OCSE, sempre più rilevanti per le verifiche fiscali, anche in ambito nazionale.

Una gestione prudente e documentata dei contratti infragruppo richiede: redazione accurata, evidenza concreta della prestazione resa (con report, e-mail, documentazione operativa), determinazione trasparente del compenso, allineamento con i valori di mercato e assenza di incoerenze rispetto a quanto applicato verso terzi.

Quando ben gestiti, i contratti infragruppo non sono solo un presidio tecnico. Sono il cuore pulsante dell’efficienza interna, della sostenibilità fiscale e del coordinamento strategico che rende solido e competitivo un gruppo societario ben strutturato.


GLI ONERI PUBBLICITARI E GLI OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA HOLDING

Se i contratti infragruppo regolano i rapporti operativi, la trasparenza sulla direzione e coordinamento rafforza l’affidabilità del gruppo verso il mercato, tutelando soci, investitori e creditori. È questo il presidio legale che distingue una holding strutturata da una somma disordinata di società.

L’art. 2497-bis c.c. impone che le società eterodirette dichiarino esplicitamente di essere soggette all’attività di direzione e coordinamento da parte della Holding, garantendo chiarezza sull’assetto di governance. Tale condizione deve risultare da due canali ufficiali: gli atti societari (statuti, verbali, contratti, corrispondenza) e l’iscrizione nel Registro delle Imprese.

Questa pubblicità ha un valore strategico. Permette a terzi di comprendere con precisione chi orienta le decisioni e in che misura le società sono realmente autonome. Non è un adempimento formale, ma un elemento che influisce sulla percezione del gruppo, sull’accesso al credito e sulla solidità reputazionale.

Chi guida il gruppo ha quindi l’interesse diretto a garantire che la struttura sia trasparente, leggibile e coerente con le scelte strategiche. L’amministratore della controllata, in particolare, è responsabile di eventuali omissioni, omissioni che possono esporre l’intero gruppo a contestazioni.

Tra i rischi principali derivanti dalla mancata pubblicità della soggezione alla direzione della Holding:

  • responsabilità risarcitoria verso soci e creditori;
  • sanzioni per violazione degli obblighi informativi;
  • danni reputazionali e perdita di credibilità bancaria e commerciale;
  • azioni di responsabilità ex art. 2497, comma 2, c.c. se emerge un pregiudizio patrimoniale dovuto a un’attività di direzione non dichiarata ma esercitata di fatto.

La trasparenza, però, non si esaurisce nella forma. Anche le operazioni influenzate dalla direzione della Holding devono essere motivate e documentate, come stabilito dall’art. 2497 c.c. Ciò riguarda, ad esempio, fusioni o scissioni tra controllate, cessioni di asset, finanziamenti infragruppo, e ogni decisione che abbia impatto economico o patrimoniale significativo.

In assenza di motivazioni chiare e tracciabili, l’operazione può essere impugnata da soci di minoranza o creditori, che potrebbero sostenere di aver subito un danno a causa di una gestione opaca o non imparziale.

Le best practice per la gestione di questi obblighi informativi includono:

  • registrazione tempestiva della direzione e coordinamento nel Registro Imprese;
  • indicazione esplicita negli atti societari e nella corrispondenza;
  • verbali e documentazione delle operazioni strategiche decise dalla capogruppo;
  • audit periodici sul rispetto degli obblighi di pubblicità e sulla coerenza tra governance dichiarata e governance effettiva.

Governare un gruppo societario non significa solo prendere decisioni: significa rendere quelle decisioni legittime, documentate e comprensibili per il mercato. Una Holding che garantisce trasparenza rafforza la sua posizione strategica e riduce i rischi giuridici. È su questa base che si costruisce una struttura duratura, affidabile e attrattiva per partner, finanziatori e nuovi investitori.


LA RESPONSABILITÀ DELLA HOLDING: INTERESSE DI GRUPPO E TUTELA DELLE CONTROLLATE

Il gruppo societario si basa sul principio dell’interesse di gruppo, che consente alla Holding di coordinare le attività delle controllate in un’ottica strategica unitaria. Tuttavia, il potere di direzione e coordinamento non è illimitato: deve rispettare il principio di corretta gestione societaria e imprenditoriale, evitando decisioni che compromettano la redditività o il patrimonio delle singole società controllate.

ASPETTI CHIAVE DELLA RESPONSABILITÀ DELLA HOLDING

La capogruppo deve perseguire uno sviluppo equilibrato del gruppo, evitando di pregiudicare in modo sproporzionato la redditività delle controllate. La direzione è lecita solo se giustificata e deve essere finalizzata a garantire la prosperità e la sostenibilità di tutte le società del gruppo.

La Holding non può svuotare patrimonialmente le controllate a favore di sé stessa o di altre società del gruppo senza un piano strategico che garantisca vantaggi proporzionati per tutte le parti coinvolte. Gli accordi infragruppo devono essere equi e documentati, evitando che una società subisca svantaggi economici a favore di un’altra. Inoltre, la Holding deve garantire trasparenza nelle direttive, motivando le decisioni imposte alle controllate e assicurando che siano compatibili con la loro sostenibilità economica.

LIMITI ALLA RESPONSABILITÀ DELLA HOLDING: QUANDO SI CONFIGURA UN ABUSO?

Secondo l’art. 2497 del Codice Civile, la responsabilità della Holding si estende anche a coloro che abbiano partecipato all’atto lesivo e, nei limiti del beneficio ricevuto, a chi ne abbia consapevolmente tratto vantaggio. Le principali tipologie di responsabilità sono verso i soci, nel caso in cui le decisioni della Holding riducano la redditività della controllata, e verso i creditori, qualora la controllata subisca una riduzione patrimoniale che comprometta la capacità di onorare i propri impegni finanziari.

Un esempio pratico potrebbe essere una situazione in cui la Holding impone a una controllata la distribuzione forzata di utili per finanziare altre società del gruppo, riducendo la liquidità della controllata e compromettendo la sua capacità di pagare i debiti.

IL PRINCIPIO DEI VANTAGGI COMPENSATIVI

Perché la direzione della Holding sia legittima, qualsiasi sacrificio imposto a una controllata deve essere bilanciato da un beneficio concreto, documentato e proporzionato. Il beneficio deve essere reale, diretto e proporzionato al sacrificio subito dalla controllata.

Un esempio pratico di compensazione potrebbe essere se una controllata è costretta a vendere un immobile alla capogruppo a un prezzo inferiore al mercato, ma in cambio ottiene investimenti per espandere il business o l’accesso a finanziamenti agevolati.

OPERAZIONI A RISCHIO DI ABUSO: QUALI SONO I CASI CRITICI?

Alcuni esempi di operazioni potenzialmente illecite includono:

  • Cash pooling squilibrato – Quando la Holding assorbe liquidità dalle controllate senza restituirla adeguatamente, limitando la loro capacità di investimento.
  • Finanziamenti infragruppo svantaggiosi – Una controllata è costretta a concedere prestiti alla capogruppo a tassi non competitivi.
  • Contratti di fornitura imposti a condizioni non di mercato – Una società del gruppo è obbligata ad acquistare beni o servizi dalla Holding a prezzi superiori a quelli di mercato.
  • Eccessivo assorbimento di risorse umane o tecnologiche – La Holding impone alla controllata di destinare personale o strumenti operativi a supporto di altre società, senza una compensazione adeguata.

LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI DELLE CONTROLLATE

Gli amministratori delle controllate devono valutare attentamente le direttive della Holding e non eseguire passivamente operazioni che possano danneggiare la società. Gli obblighi fondamentali degli amministratori sono:

  • Analizzare e documentare le scelte strategiche con studi di fattibilità e dati finanziari dettagliati.
  • Verificare la sostenibilità economica delle operazioni infragruppo, evitando di accettare decisioni svantaggiose.
  • Rifiutare operazioni dannose, opponendosi a delibere che possano compromettere la stabilità finanziaria della controllata.

Un esempio pratico: Un amministratore deve opporsi a una distribuzione di utili imposta dalla Holding se questa mette a rischio la capacità della controllata di investire o rispettare gli impegni finanziari. L’inosservanza di questi obblighi può comportare responsabilità per mala gestio.


CONTRATTI INFRAGRUPPO ED EQUILIBRIO ECONOMICO DELLE PRESTAZIONI

Nel gruppo societario, la gestione accentrata delle operazioni infragruppo è essenziale per ottimizzare la distribuzione di costi e ricavi, migliorando l’efficienza operativa e finanziaria. La suddivisione delle funzioni tra le società del gruppo permette di sfruttare economie di scala, pianificare strategicamente le risorse e ottimizzare la gestione della liquidità.

Vantaggi della gestione centralizzata:

  • Allocazione strategica delle risorse – Ottimizzazione della liquidità, del personale e degli asset produttivi.
  • Maggiore flessibilità finanziaria – Possibilità di riequilibrare i flussi tra la Holding e le società controllate.
  • Efficienza operativa – Centralizzazione di funzioni aziendali come contabilità, gestione fiscale, IT e servizi amministrativi.

Tuttavia, per la legittimità delle operazioni infragruppo, è essenziale mantenere un equilibrio economico, evitando distorsioni che possano compromettere la redditività delle singole società o generare rischi fiscali e giuridici.

CARATTERISTICHE DEI CONTRATTI INFRAGRUPPO

I contratti infragruppo sono strumenti essenziali per disciplinare i rapporti economici interni in un gruppo societario. Questi contratti si applicano tra la capogruppo e le controllate, o tra società del medesimo gruppo, per regolare:

  • Contratti di fornitura: Regolano la vendita di beni o servizi tra le società del gruppo, con condizioni stabilite in base alla strategia complessiva della Holding.
  • Contratti di finanziamento: Prevedono la concessione di prestiti tra società del gruppo, con tassi differenziati per ottimizzare la liquidità.
  • Contratti di servizio: La Holding eroga servizi amministrativi, contabili, fiscali, IT o di marketing alle controllate, con compensi stabiliti internamente.

Questi contratti sono giustificati dall’unitarietà della strategia del gruppo, ma devono rispettare i principi di corretta gestione societaria, trasparenza contrattuale e equilibrio delle prestazioni, come stabilito dagli artt. 2497 e seguenti del Codice Civile.

RISCHI E CRITICITÀ DEI CONTRATTI INFRAGRUPPO

Nonostante i vantaggi della gestione centralizzata, i contratti infragruppo possono generare rischi finanziari e fiscali se non correttamente strutturati. Tra i principali rischi si evidenziano:

  • Squilibri patrimoniali: Se una controllata opera con margini ridotti a causa di contratti infragruppo sfavorevoli, la sua redditività e solidità finanziaria possono risultarne compromesse.
  • Danni ai creditori: Un contratto infragruppo sbilanciato può limitare la capacità di una società di far fronte ai propri impegni finanziari.
  • Rischi fiscali e transfer pricing: Se i prezzi applicati non rispettano il principio di libera concorrenza, possono insorgere contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Un’alterazione artificiale dei prezzi nei contratti infragruppo può costituire un trasferimento di valore tra le società del gruppo, con potenziali implicazioni fiscali e giuridiche.

CONFLITTO DI INTERESSI E AUTONOMIA DELLE CONTROLLATE

I contratti infragruppo possono generare squilibri poiché le società controllate non operano in condizioni di piena concorrenza, essendo soggette all’influenza della Holding. I principali fattori di rischio sono:

  • Direzione e coordinamento della Holding: Gli amministratori delle controllate potrebbero trovarsi in una posizione di subordinazione che condiziona le loro scelte gestionali.
  • Contratti tra società sorelle su indicazione della Holding: Se un contratto è imposto dalla capogruppo, la società che assume un onere maggiore potrebbe non avere sufficiente autonomia per negoziare condizioni più equilibrate.

Riferimento normativo: Art. 2497 del Codice civile – La direzione e coordinamento della Holding deve rispettare i principi di corretta gestione societaria, garantendo che le operazioni infragruppo non penalizzino le controllate.

PRINCIPIO DEL RISULTATO COMPLESSIVO

La legittimità di un’operazione infragruppo deve essere valutata considerando l’effetto complessivo dell’attività di direzione e coordinamento, e non solo il singolo contratto. Un contratto infragruppo è lecito se:

  • Si inserisce in una strategia di gruppo, generando benefici economici per la società coinvolta.
  • Il sacrificio imposto alla società è compensato da vantaggi concreti, come migliori condizioni di finanziamento o opportunità di crescita.
  • Vi è una compensazione effettiva, attraverso riduzioni di costi, facilitazioni creditizie o altri benefici derivanti dall’appartenenza al gruppo.

BILANCIARE L’UTILITÀ DEL GRUPPO CON L’AUTONOMIA DELLE CONTROLLATE

Per garantire l’equilibrio nei contratti infragruppo, è necessario:

  • Rispettare il principio dell’equilibrio economico – Ogni operazione deve essere motivata da una logica aziendale coerente e sostenibile.
  • Garantire trasparenza e documentazione – Le condizioni contrattuali devono essere tracciabili e giustificate sulla base di parametri oggettivi.
  • Evitare operazioni infragruppo che penalizzino le controllate senza compensazioni adeguate – Il trasferimento di risorse deve avvenire in un contesto di vantaggi reciproci, evitando effetti distorsivi.
  • Una gestione corretta dei contratti infragruppo tutela la sostenibilità del gruppo e garantisce il rispetto della normativa, riducendo il rischio di contestazioni da parte di soci, creditori e autorità fiscali.

IL DANNO SOCIALE E I DIVERSI PROFILI DI RESPONSABILITÀ

Quando la capogruppo attua condotte illecite che danneggiano una società eterodiretta, possono emergere diversi profili di responsabilità, coinvolgendo sia la Holding sia gli amministratori delle società del gruppo.

Riferimento normativo: Art. 2497 del Codice civile – La violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale comporta una responsabilità diretta per la capogruppo e i suoi amministratori, con obbligo di risarcire soci e creditori della controllata.

RESPONSABILITÀ DELLA HOLDING E DEI SUOI AMMINISTRATORI

La Holding può essere ritenuta responsabile nei seguenti casi:

  • Abuso della posizione di controllo: Impone alla controllata decisioni che compromettono la redditività o il patrimonio senza garantire un vantaggio compensativo concreto.
  • Omessa adozione di misure necessarie: Pur esercitando il controllo, non interviene per prevenire o mitigare una crisi, aggravando il dissesto della controllata.
  • Influenza diretta sulle operazioni dannose: Partecipa attivamente a decisioni che compromettono la stabilità economica della controllata.

Riferimento normativo: Art. 2497 del Codice civile – Oltre alla capogruppo, sono responsabili anche coloro che abbiano preso parte all’atto lesivo e, nei limiti del beneficio ricevuto, chi ne abbia consapevolmente tratto vantaggio.

RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI DELLA CONTROLLATA

Gli amministratori della controllata non sono responsabili se il danno è stato imposto dalla Holding e non avevano margini di opposizione. Non vi è responsabilità se:

  • Il danno patrimoniale è derivato esclusivamente da direttive imposte dalla Holding.
  • La controllata attendeva operazioni compensative mai realizzate dalla capogruppo.
  • Il piano strategico del gruppo non è stato attuato come previsto, determinando il danno.

IL DANNO SOCIALE E I DIVERSI PROFILI DI RESPONSABILITÀ

Quando la capogruppo attua condotte illecite che danneggiano una società eterodiretta, possono emergere diversi profili di responsabilità, coinvolgendo sia la Holding sia gli amministratori delle società del gruppo.

Riferimento normativo: Art. 2497 del Codice civile – La violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale comporta una responsabilità diretta per la capogruppo e i suoi amministratori, con obbligo di risarcire soci e creditori della controllata.

RESPONSABILITÀ DELLA HOLDING E DEI SUOI AMMINISTRATORI

La Holding può essere ritenuta responsabile nei seguenti casi:

  • Abuso della posizione di controllo – Impone alla controllata decisioni che compromettono la redditività o il patrimonio senza garantire un vantaggio compensativo concreto.
  • Omessa adozione di misure necessarie – Pur esercitando il controllo, non interviene per prevenire o mitigare una crisi, aggravando il dissesto della controllata.
  • Influenza diretta sulle operazioni dannose – Partecipa attivamente a decisioni che compromettono la stabilità economica della controllata.

Riferimento normativo: Art. 2497 del Codice civile – Oltre alla capogruppo, sono responsabili anche coloro che abbiano preso parte all’atto lesivo e, nei limiti del beneficio ricevuto, chi ne abbia consapevolmente tratto vantaggio.

RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI DELLA CONTROLLATA

Gli amministratori della controllata non sono responsabili se il danno è stato imposto dalla Holding e non avevano margini di opposizione.

Non vi è responsabilità se:

  • Il danno patrimoniale è derivato esclusivamente da direttive imposte dalla Holding.
  • La controllata attendeva operazioni compensative mai realizzate dalla capogruppo.
  • Il piano strategico del gruppo non è stato attuato come previsto, determinando il danno.

Gli amministratori sono invece responsabili se:

  • Hanno approvato operazioni dannose senza opporsi.
  • Non hanno documentato adeguatamente le ragioni economiche delle scelte adottate.
  • Non hanno esercitato un’autonoma valutazione, limitandosi a eseguire direttive senza analisi approfondite.

IL RUOLO DEGLI AMMINISTRATORI DELLA CONTROLLATA: LIMITI E DOVERI

Pur rispettando le strategie di gruppo, gli amministratori devono mantenere autonomia decisionale e verificare che le direttive imposte siano compatibili con l’interesse della società.

  • Valutare l’impatto delle direttive della Holding, contestando operazioni dannose.
  • Documentare e motivare le decisioni, evitando di approvare operazioni prive di un’adeguata analisi economico-finanziaria.
  • Opporsi a operazioni che compromettano la stabilità della controllata, se non è previsto un chiaro vantaggio compensativo.

L’IMPORTANZA DELLA MOTIVAZIONE DELLE DECISIONI (ART. 2497-TER C.C.)

Riferimento normativo: Art. 2497-ter del Codice civile – L’amministratore della controllata ha l’obbligo di motivare le decisioni influenzate dalla Holding.

Perché la motivazione è essenziale?

  • L’assenza di motivazione o una motivazione generica può dimostrare la consapevolezza dell’illiceità della decisione.
  • Una motivazione chiara e analitica, basata su dati verificabili e piani strategici, può giustificare l’operazione.

Esempi di operazioni che richiedono motivazione:

  • Fusioni tra società controllate su impulso della Holding.
  • Cessioni di rami d’azienda nell’ambito di una riorganizzazione del gruppo.
  • Operazioni finanziarie infragruppo, come concessioni di prestiti o garanzie tra società del gruppo.

Una motivazione ben strutturata tutela gli amministratori, i soci di minoranza e garantisce la legittimità delle decisioni strategiche della Holding.

LE AZIONI DI RISARCIMENTO DA PARTE DI SOCI E CREDITORI

I soci della controllata possono agire legalmente nei confronti di:

  • Gli amministratori della Holding, se la direzione e coordinamento è stata esercitata in modo abusivo, arrecando danni alla controllata (art. 2497, comma 1, c.c.).
  • Gli amministratori della controllata, se hanno approvato operazioni dannose senza opporsi, violando i loro obblighi di gestione prudente e diligente (art. 2497, comma 2, c.c.).

Azione dei creditori contro la Holding:

I creditori della controllata possono agire per il risarcimento del danno causato dall’abuso di direzione e coordinamento. Tuttavia, prima di agire contro la Holding, devono tentare il recupero del credito nei confronti della controllata. Solo in caso di insolvenza, potranno rivalersi direttamente sulla capogruppo.

RESPONSABILITÀ ESCLUSIVA DELLA CONTROLLATA: QUANDO SI CONFIGURA?

Gli amministratori della controllata sono esclusivamente responsabili nei seguenti casi:

  • La Holding ha esercitato correttamente la direzione, ma gli amministratori della controllata hanno gestito male l’operazione.
  • Le perdite derivano da scelte autonome della controllata, senza direttive imposte dalla Holding.
  • Non hanno applicato correttamente le direttive della capogruppo, causando danni per negligenza o mala gestio.

POSSIBILE INVALIDITÀ DEI CONTRATTI INFRAGRUPPO CONCLUSI IN VIOLAZIONE DELL’ART. 2497 C.C.

L’articolo 2497 del Codice Civile disciplina la responsabilità della Holding nei confronti dei soci e dei creditori delle società controllate. Tuttavia, la tutela prevista è esclusivamente risarcitoria, senza incidere sulla validità degli atti lesivi. Ciò può costituire un limite, poiché un contratto infragruppo dannoso potrebbe continuare a produrre effetti negativi per la società eterodiretta anche dopo l’accertamento della responsabilità della capogruppo.

LIMITI DELLA SOLA TUTELA RISARCITORIA

Una protezione esclusivamente risarcitoria può rivelarsi insufficiente, poiché non incide sugli atti negoziali dannosi che hanno causato il pregiudizio.

Conseguenze principali:

  • Gli atti infragruppo continuano a produrre effetti anche dopo il risarcimento.
  • Il pregiudizio può permanere nel tempo, specialmente in contratti di lunga durata o con clausole di rinnovo automatico.

Soluzione proposta dalla dottrina: Alcune interpretazioni suggeriscono la necessità di riconoscere un rimedio invalidatorio, consentendo l’annullamento o la nullità dei contratti infragruppo che violano le norme sulla direzione e coordinamento.

POSSIBILE NULLITÀ DEI CONTRATTI INFRAGRUPPO ILLEGITTIMI

Secondo alcune interpretazioni, le operazioni infragruppo che violano i limiti inderogabili imposti dalla legge potrebbero essere dichiarate nulle per contrasto con norme imperative.

Principi della nullità:

  • L’Art. 2497 del Codice civile non si limita a disciplinare la condotta della Holding, ma impone limiti inderogabili alle operazioni infragruppo.
  • Se un contratto infragruppo viola i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, potrebbe essere dichiarato nullo.
  • La nullità protegge la società eterodiretta, i creditori e i soci di minoranza, evitando l’inefficacia del solo rimedio risarcitorio.

Effetti della nullità:

  • Obbligo di restituzione di quanto indebitamente percepito.
  • Conseguenze economiche più rilevanti rispetto alla semplice tutela risarcitoria.

NULLITÀ SOPRAVVENUTA E VANTAGGI COMPENSATIVI

La legittimità delle operazioni infragruppo deve essere valutata alla fine del ciclo strategico, per verificare se eventuali sacrifici imposti a una controllata siano stati compensati da benefici reali e proporzionati.

Principi chiave:

  • Vantaggio compensativo effettivo – Il beneficio deve essere documentato, non meramente prospettico.
  • Beneficio diretto – Deve riguardare specificamente la società coinvolta e non solo il gruppo nel suo complesso.
  • Equilibrio economico – Il sacrificio imposto alla controllata non deve superare il vantaggio ricevuto.

Esempio pratico: Se una controllata è costretta a vendere un immobile alla capogruppo a un prezzo inferiore al mercato, ma in cambio ottiene investimenti per espandere il business o accesso a finanziamenti agevolati, l’operazione può essere considerata lecita.

RISCHI MAGGIORI PER LA CAPOGRUPPO IN CASO DI NULLITÀ

L’applicazione della nullità dei contratti infragruppo abusivi comporterebbe rischi più elevati per la capogruppo rispetto alla sola responsabilità risarcitoria.

Differenza tra risarcimento e nullità:

  • Con il risarcimento → I soci di minoranza e i creditori ottengono un indennizzo, ma il contratto resta valido.
  • Con la nullità → La capogruppo deve restituire integralmente quanto percepito, con effetti economici più significativi.

Prevenzione: È essenziale che i contratti infragruppo siano ben documentati, trasparenti e giustificati da un chiaro razionale economico.


APPROFONDIMENTI


CONCLUSIONI

La gestione di una Holding e di un gruppo societario è una leva strategica per ottimizzare governance, protezione patrimoniale ed efficienza fiscale. Tuttavia, per massimizzarne i benefici, è essenziale un approccio trasparente e conforme alla normativa, evitando abusi nella direzione e nel coordinamento e garantendo l’equilibrio economico delle operazioni infragruppo.

L’articolo ha evidenziato le principali criticità nella gestione di una Holding, dalla corretta governance ai contratti infragruppo, sottolineando l’importanza di operazioni eque e vantaggi compensativi per prevenire contestazioni da parte di soci, creditori o autorità fiscali.

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