RESPONSABILITÀ NELLA HOLDING: RISCHI, STRUTTURA, PROTEZIONE LEGALE
30.01.2024
Matteo Rinaldi
FUNZIONI, VANTAGGI E RESPONSABILITÀ DI UNA HOLDING DI GRUPPO
La struttura Holding è diventata una scelta consapevole anche per imprenditori che gestiscono PMI con due o più società operative. Non si tratta di un’architettura elitaria, ma di uno strumento concreto per proteggere il patrimonio familiare, pianificare la successione e coordinare l’attività aziendale in modo efficiente. La separazione tra società operative e società di controllo consente di delimitare i rischi, mantenere autonomia giuridica nei rami d’impresa e rafforzare la solidità complessiva del gruppo.
L’adozione di una holding permette di razionalizzare la tesoreria, centralizzare funzioni strategiche, beneficiare di vantaggi fiscali come la participation exemption e organizzare il comando in una logica verticale. Tuttavia, molti imprenditori sottovalutano un punto decisivo: l’amministratore della holding può rispondere personalmente dei danni causati da una direzione impropria, soprattutto in assenza di documentazione e strutture coerenti con l’art. 2497 c.c.
In questo articolo si affrontano i principali snodi giuridici, fiscali e operativi legati al governo delle Holding. La forma esterna non basta: servono regole, patti, verbali e una regia tecnica che renda la struttura opponibile, coerente e protettiva. Se gestisci una Holding o stai valutando di crearne una, ciò che non documenti può ritorcersi contro di te. Questo articolo mostra come evitare l’errore più comune tra imprenditori strutturati.
COME LA HOLDING CONTROLLA LE SRL SENZA ASSUMERSI I DEBITI
In una struttura di gruppo, la Holding esercita un controllo strategico sulle società partecipate senza assumerne in automatico obblighi giuridici o debiti. Questo è possibile grazie alla separazione delle personalità giuridiche e al rispetto dell’autonomia delle controllate. Ogni società del gruppo conserva i propri amministratori, il proprio bilancio e la propria gestione operativa. La holding partecipa indirettamente tramite decisioni assembleari, atti societari o patti parasociali, ma senza intromettersi nella gestione quotidiana, a meno che non sia formalmente previsto e documentato.
Il rischio emerge quando il controllo esercitato dalla Holding supera la soglia della mera influenza strategica e si trasforma in una direzione effettiva, anche informale. In questi casi, la holding e il suo amministratore possono diventare responsabili verso i soci o i creditori della controllata, specialmente se la gestione coordinata ha prodotto un danno patrimoniale. L’art. 2497 del Codice Civile è molto chiaro nel prevedere una responsabilità risarcitoria diretta in caso di abuso della posizione dominante. Per evitarla, è essenziale mantenere una distinzione operativa tra holding e partecipate, non solo di forma, ma di sostanza. Quando la Holding impartisce ordini, finanzia direttamente o firma documenti operativi delle SRL controllate, può essere ritenuta responsabile in sede civile, anche se non compare formalmente nei contratti.
La governance deve essere costruita con precisione: verbali separati, delibere formalizzate, rapporti infragruppo a condizioni di mercato, presenza di amministratori realmente autonomi. È possibile coordinare strategie commerciali, finanziarie o patrimoniali, ma solo entro i limiti stabiliti dal codice civile. Se le partecipate vengono gestite come mere articolazioni della capogruppo, la responsabilità si estende e diventa personale. Il controllo, per restare efficace e protettivo, deve essere formalizzato in modo opponibile, senza zone grigie.
DIREZIONE E COORDINAMENTO: COSA IMPONE L’ART. 2497 C.C.
L’art. 2497 del Codice Civile disciplina la responsabilità di chi esercita attività di direzione e coordinamento su una o più società, anche quando non formalmente dichiarata. La norma non distingue tra controllo contrattuale e controllo di fatto: ciò che conta è l’esistenza di un’influenza sistematica, riconoscibile nelle decisioni operative e strategiche assunte dalle controllate su impulso della capogruppo. Se questa influenza causa un pregiudizio al patrimonio o alla redditività delle società coinvolte, si configura una responsabilità risarcitoria in capo alla holding e, nei casi più gravi, anche all’amministratore persona fisica.
La giurisprudenza è consolidata: quando le delibere delle partecipate riflettono direttive non documentate provenienti dalla Holding, o quando la gestione delle risorse è unificata senza presidi formali, il giudice può riconoscere l’esistenza di una direzione impropria. Ciò avviene spesso in assenza di verbali, contratti infragruppo, criteri di mercato nei trasferimenti finanziari. Le contestazioni non derivano dalla forma della struttura, ma dalla mancanza di regole tracciabili che distinguano tra governance centralizzata e abuso di posizione.
Per evitare ogni contestazione, la soluzione non è evitare il controllo, ma esercitarlo in modo documentato, conforme e opponibile. Per rendere opponibile l’attività di coordinamento è necessario predisporre strumenti documentali solidi: regolamenti di gruppo, delibere coerenti, evidenze scritte che dimostrino l’interesse generale dell’insieme. L’art. 2497 consente alla Holding di indirizzare la strategia, ma solo se lo fa in modo conforme ai principi di corretta amministrazione, con vantaggi compensativi e in assenza di prevaricazioni. Ogni ingerenza non formalizzata può costituire fonte di responsabilità diretta, patrimoniale e personale.
OBBLIGHI DI TRASPARENZA TRA HOLDING E SOCIETÀ CONTROLLATE
L’art. 2497-bis del Codice Civile impone alle società soggette a direzione e coordinamento l’obbligo di dichiarare chiaramente, nei propri atti ufficiali e nella corrispondenza, quale sia la società capogruppo da cui dipendono. Questo presidio informativo ha valore opponibile verso terzi e mira a garantire la tracciabilità delle relazioni di controllo all’interno del gruppo. La mancata comunicazione configura una violazione rilevante, in quanto impedisce ai soggetti esterni – inclusi soci, creditori e autorità – di valutare correttamente l’effettiva autonomia e il rischio connesso alla gestione della società.
Tale obbligo di trasparenza ricade formalmente sugli amministratori della società controllata, i quali sono tenuti a garantire che l’informazione sia corretta, aggiornata e coerente con quanto risultante in visura camerale. In caso di omissione o indicazione errata, l’amministratore può rispondere personalmente dei danni causati a terzi per effetto dell’occultamento del legame di controllo. Questo include situazioni in cui l’appartenenza al gruppo avrebbe comportato una diversa valutazione di affidabilità, capacità finanziaria o assetto decisionale da parte di un soggetto terzo.
La trasparenza è anche bilancistica: le società controllate devono riportare nella nota integrativa del bilancio i dati essenziali dell’ultima situazione contabile della capogruppo, con l’indicazione chiara del soggetto che esercita direzione e coordinamento. Questo consente ai lettori del bilancio – interni ed esterni – di ricostruire la logica di gruppo e verificare la correttezza della governance. Omettere o alterare queste informazioni non è un’irregolarità formale: può generare responsabilità patrimoniale, perdita di fiducia da parte del sistema finanziario e contenzioso societario.
ERRORI CHE ESPONGONO LA HOLDING A RESPONSABILITÀ CIVILI
Quando la holding impone scelte operative alle controllate senza formalizzazioni, senza vantaggi compensativi e senza presidi documentali, può essere ritenuta responsabile per gli effetti negativi prodotti da tali direttive. L’art. 2497 del Codice Civile attribuisce una responsabilità risarcitoria alla società capogruppo quando le sue decisioni arrecano danni alla redditività o al patrimonio delle partecipate. Questo principio si estende anche agli amministratori che hanno agevolato o beneficiato consapevolmente della gestione anomala. Non è necessario che vi sia dolo: l’inosservanza degli obblighi di equilibrio e tutela dell’interesse sociale basta a configurare la responsabilità.
Tra gli errori più ricorrenti ci sono le direttive gestionali prive di verbale, le imposizioni su politiche di prezzo o investimenti non sostenibili, i finanziamenti infragruppo gestiti come flussi interni senza condizioni di mercato, e la nomina di amministratori privi di autonomia effettiva. In assenza di vantaggi dimostrabili a favore dell’intero gruppo, l’impostazione accentrata viene letta come abuso di posizione dominante. Questo vale anche quando la holding agisce per “il bene complessivo” ma danneggia singole società operative. La Corte di Cassazione ha più volte confermato che la logica di gruppo non giustifica squilibri se non accompagnata da strumenti di riequilibrio interni e verificabili.
Il concetto chiave è il vantaggio compensativo. Le operazioni di gruppo devono essere sostenute da documenti che ne provino l’utilità per tutte le parti coinvolte. La giurisprudenza richiede che tale vantaggio sia oggettivo, quantificabile e supportato da evidenze contabili, contrattuali o deliberative. Non è sufficiente una logica dichiarata di gruppo: serve un equilibrio concreto tra il beneficio ottenuto e il sacrificio imposto. In mancanza, la responsabilità della capogruppo diventa automatica, e l’amministratore può essere coinvolto personalmente. Governare non significa accentrare, ma dirigere con regole opponibili, coerenti e giuridicamente valide.
STRUMENTI PER RENDERE IL COORDINAMENTO LEGITTIMO E OPPONIBILE
Affinché la direzione esercitata dalla holding non si traduca in responsabilità civile o risarcitoria, è indispensabile dotare la struttura di strumenti giuridici e prassi formali che rendano il coordinamento legittimo, documentato e opponibile. La sola partecipazione azionaria o la nomina degli amministratori non è sufficiente a giustificare ingerenze operative. Serve un impianto regolatorio che dimostri, ex ante, che ogni decisione è presa nell’interesse del gruppo e secondo regole condivise. Senza questo presidio, anche una gestione apparentemente efficiente può trasformarsi in un elemento di esposizione patrimoniale.
Lo strumento principale è il regolamento di gruppo, un documento interno che definisce le modalità di esercizio del coordinamento: linee strategiche, criteri decisionali, limiti di intervento, composizione dei CDA e responsabilità documentate. A questo si affiancano verbali periodici del consiglio della holding e delle partecipate, che devono evidenziare l’autonomia delle scelte e l’adesione consapevole dei singoli amministratori. I contratti infragruppo devono essere redatti a condizioni di mercato e con criteri di economicità verificabile, per escludere ogni ipotesi di vantaggio simulato o disequilibrio artificiale.
Infine, per rendere il coordinamento opponibile, le delibere strategiche della capogruppo devono essere trasmesse con forma scritta, con istruzioni precise ma non vincolanti, evitando termini coercitivi o formule di comando diretto. Ogni controllo effettivo deve essere ricostruibile a posteriori tramite tracciabilità contabile, verbale e contrattuale. Solo in presenza di questo impianto organico, la holding può esercitare direzione e coordinamento in modo conforme all’art. 2497 c.c., senza correre il rischio che ogni decisione si trasformi in una fonte di responsabilità verso i terzi o i soci delle controllate.
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DIREZIONE DI GRUPPO: COME EVITARE LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE
Una Holding ben progettata non è un semplice contenitore di partecipazioni. È uno strumento di governo tecnico che coordina società operative, patrimoni familiari e relazioni infragruppo con regole formalizzate e responsabilità chiaramente ripartite. Ogni direttiva non tracciata, ogni ingerenza priva di verbale o contratto, ogni assenza di vantaggi compensativi espone l’amministratore a conseguenze dirette, anche patrimoniali, verso soci, creditori o autorità di controllo.
La protezione non risiede nel nome della capogruppo, ma nella qualità dei suoi atti. Un impianto di governance efficace prevede regolamenti scritti, delibere documentate, contratti infragruppo a condizioni di mercato, e una linea decisionale tracciabile e difendibile. Senza questa architettura, anche una gestione efficiente può degenerare in una responsabilità personale.
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